Elisabetta Catez nasce il 18 luglio 1880 a Camp d’Avor in Francia, da una famiglia benestante - il padre è militare - che due anni dopo si trasferirà a Digione.
Giovanissima, si lega a Dio con il voto di verginità, ma avversata dai genitori, le è proibito mantenere contatti con le carmelitane.
Vive un’esistenza adeguata al suo rango: vacanze e feste; e inoltre, come affermata pianista, si esibisce in numerosi concerti ottenendo molti premi.
Chi la conosce nota in lei un radicale cambiamento. “Una certa estraneità”, una strana assenza: “...lei non è qui, Lei vede Dio” commentano, dandone una descrizione che la caratterizzerà sino alla morte.
A vent’anni, dopo un incontro determinante con il celebre domenicano padre Vallèe, che la apre ad una nuova intuizione sull’amore di Dio-Trinità, e dopo la lettura di “Storia di un’anima” di santa Teresa di Lisieux, Elisabetta entra nel Carmelo di Digione, dove assumerà il nome di suor Elisabetta della Trinità.
Negli anni che seguono vive in uno stato di grande pace interiore e progredisce nella scoperta dell’intimità con Dio-Trinità, componendo un Diario Spirituale e un celebre scritto: l’Elevazione alla Trinità, che condensa la sua visione contemplativa: essere una lode vivente di Dio.
Ed Elisabetta prega così: O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente per dimorare in te. Pacifica la mia anima, fa’ di lei il tuo cielo.
Nel 1906 si ammala di tubercolosi. E' un periodo di grande sofferenza, nel quale scriverà i due “Ritiri” che costituiscono il suo testamento spirituale.
Il primo di essi “Come trovare il cielo sulla terra”, è forse la sintesi del suo programma: “Portiamo in noi - si legge - il nostro cielo, poiché colui che sazia i glorificati, nella luce della visione, si dà a noi nella fede e nel mistero”.
La malattia avanza ed Elisabetta prega così: “Dio è fuoco che consuma; io lo trovo nella croce, è lì che Egli mi dona la sua vita".
Accoglierà la morte a soli 26 anni, dicendo: “Vado alla luce, all’amore, alla vita...”.